mercoledì

Intervento del consigliere Gabriella Ciarlantini in merito alla concessione della cittadinanza ai figli di immigrati

Parlare di cittadinanza agli immigrati, promuovere la campagna “L'Italiasonoanch'io” significa semplicemente prendere atto della realtà.

Che la nostra società è di fatto meticcia, che nel nostro paese vivono più di 5 milioni di persone di origine straniera, che tra loro il 13,75% è nato in Italia, e che i cittadini stranieri contribuiscono in maniera determinante alla fiscalità, allo sviluppo dell'economia e alla sostenibilità del sistema di welfare.

Più in generale, significa fare un passo avanti nel riconoscimento di diritti fondamentali ai cittadini migranti, in un contesto fatto di leggi e di pratiche spesso discriminatorie.

Credo sia già stato detto nella presentazione ma vale la pena ribadirlo, la normativa sull'acquisto della cittadinanza non è solo anacronistica, non permettendo ai nuovi nati di divenire automaticamente cittadini italiani, ma è anche discriminatoria, perchè costruita intorno a modalità di acquisto quanto mai ristrette, caratterizzate da un lungo e tortuoso percorso burocratico.

Una situazione di forte disuguaglianza ed ingiustizia dunque, che di fatto mette in discussione l'intero percorso di integrazione.

Per questo mi pare particolarmente interessante il richiamo contenuto in questo ordine del giorno alla campagna “L'Italia sono anch'io”.

La campagna sostiene due proposte di legge di iniziativa popolare che, oltre a proporre la riforma della cittadinanza per i nuovi nati sulla base dello ius soli, prevede un nuovo percorso per il suo acquisto, più snello e trasparente, riconosce la cittadinanza come diritto soggettivo e propone la competenza dei Sindaci circa la procedura di attribuzione, ancorandola così ad un principio di territorialità ed impegnando i vertici delle istituzioni più vicine ai cittadini.

Un passo in avanti, quindi, verso una gestione delle politiche sull'immigrazione che da un lato si avvicina di più ai territori e alle comunità locali, e dall'altra allude alla possibilità di separare finalmente la questione dei fenomeni migratori da quella dell'ordine pubblico, emancipandoci dalla vulgata securitaria e dalla cultura dell'odio verso il diverso, fondamenta ideologiche della legge Bossi-Fini e dei più recenti pacchetti-sicurezza.

Una possibilità a cui i movimenti e le associazioni che lavorano nel campo dell'immigrazione guardano da sempre, proponendo ad esempio il trasferimento delle competenze dalle Questure ai Comuni in materia di rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno, proposta già oggetto di sperimentazione da parte dell'Anci.

Per tutte queste ragioni plaudo dunque ai promotori.

Credo che iniziative di questo tipo abbiano un valore che vada oltre la singola questione di merito.

Oggi le amministrazioni locali, con le associazioni e i movimenti, sono spesso chiamate a colmare i vuoti ed arginare i danni provocati dalle leggi sull'immigrazione. In riferimento alle condizioni del sistema immigrazione si attendono ancora parole chiare da parte del nuovo governo.

Mi pare dunque assolutamente necessario che tutti questi soggetti, forti delle loro buone pratiche, diventino il motore per un cambiamento reale delle politiche sull'immigrazione, .
Anche nel nostro territorio possiamo rintracciare esempi di queste buone pratiche.
E' a partire dalla valorizzazione di questo patrimonio, nella consapevolezza del ruolo che la nostra esperienza amministrativa può rappresentare, che diventa fondamentale proseguire in questa direzione, contribuendo dal basso ad un'inversione di tendenza non più rinviabile sul terreno delle politiche migratorie.
Promuovendo una costante iniziativa sociale, politica e culturale antirazzista, contro le disuguaglianze e le discriminazioni, perchè l'intero tessuto sociale della città sia protagonsita di questo cambiamento, verso la costituzione di uno statuto dei diritti della cittadinanza.